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Democrazia, Politica, Società civile (dalle radici storiche ad oggi)
Giovedì – Aula Aldo Rossi – Università LUM – 28.11.2024 15:00
Si impone, oggi, la riflessione sull’importanza dell’idea di democrazia nella politica e nella società civile, sullo sfondo di rapporti internazionali attuali, incrinati da guerre, che compromettono le ragioni della convivenza umana, distruggendo le libertà democratiche e i diritti fondamentali dei cittadini.
La democrazia, come ha affermato Sabino Cassese, è diventata “incompiuta, fragile, vulnerabile”, nonostante essa sia “il solo modo di continuare a guardare con fiducia al futuro”, ha dichiarato l’insigne giurista.
La democrazia è una preziosa conquista del passato. Uno sguardo alla storia può consentirci di affrontare le sfide del nostro tempo, in quanto la storia è la memoria delle conquiste, è paradigma di confronto con le scelte attuali, è esperienza e, dall’esperienza, si sa, s’impara.
La democrazia nasce in Grecia, ad Atene. In greco, il termine democrazia significa “governo del popolo”. Il cammino delle conquiste democratiche nell’antica Grecia si snoda lungo un percorso storico che va dal VII al V secolo a. C., nel quale emergono figure di legislatori illustri ateniesi (Solone, Pisistrato, Clistene e Pericle) che marcano la cultura greca e la consegnano all’immortalità.
I greci considerano le loro città come Stati indipendenti che possono essere governati in tre modi: 1) Comanda uno solo: colui che è riuscito a conquistarsi il consenso giungendo al potere; è il tiranno nella sua valenza terminologica neutrale, senza le connotazioni negative assunte dopo; il consenso lo legittima al potere. 2) Comandano in pochi, i migliori, l’oligarchia. 3) Comandano i cittadini, la democrazia: governo del popolo. Ad Atene, i cittadini decidono tutto e decidono tutto, tutti insieme, in assemblea, senza delegare nessuno a governare. L’assemblea di tutti i cittadini, eguali tra loro, decide. L’assemblea è sovrana. Atene, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C., venne riformata da Clistene, che fu uno dei padri della democrazia, con l’istituzione di una nuova Costituzione. Clistene contribuì ad avvicinare la politica ateniese alla democrazia, che Pericle concretizzò più compiutamente nel V secolo a.C.
Il periodo più luminoso della democrazia ateniese è quello governato da Pericle nel V secolo a. C. Lo storico greco Tucidide, nel II Libro de “La guerra del Peloponneso”, celebra la figura di Pericle quale espressione massima della democrazia.
Il modello di democrazia ateniese è difforme da quello romano nel quale i comizi centuriati, assemblea che eleggeva le magistrature più importanti, consoli, censori e pretori, e che dichiarava la guerra, erano composti da cittadini che votavano per centurie, vale a dire secondo classificazioni di origine militare, basate sul censo. Coloro che erano più ricchi erano anche quelli che contribuivano in misura maggiore alle spese militari. Nei comizi centuriati i cittadini più abbienti erano raccolti in 98 centurie, più del resto della cittadinanza. L’elemento di riequilibrio era rappresentato, da un lato, dai comizi tributi, l’assemblea che approvava la maggior parte delle leggi, nella quale si votava per tribù e in cui quindi i più ricchi non disponevano della maggioranza, e, dall’altro, dai tribuni della plebe, magistrati che avevano il compito di evitare che si abusasse del potere politico in danno del popolo.
Una parte rilevante della dottrina afferma che una “democrazia romana” vi fu. Faticosamente formatasi attraverso le lotte ed i rivolgimenti politici interni del V e di buona parte del IV secolo a. C., essa trovò la sua più luminosa realizzazione nell’ordinamento costituzionale della Respublica, ove è esaltato l’esercizio della libertà, quella libertas così cara a Cicerone e pilastro del suo pensiero politico.
Cicerone rappresenta la più insigne voce latina esaltatrice della libertà. Egli fa della sua straordinaria capacità oratoria lo strumento per scolpire con le sue parole quell’ideale che animò tutta la sua azione politica e che lo condusse alla morte. La libertà e la lotta alla tirannide è il cardine dell’ideale politico ciceroniano, ed egli concepisce l’idea di libertà come principio universale, come forza motrice della vita e della storia.
Nel II libro del De Republica, Cicerone, come è stato rilevato, “traccia un affresco storico sull’evoluzione della costituzione romana per mostrare come essa sia giunta alla perfezione grazie a una tendenza naturale della Respublica, non ostacolata dall’avversa fortuna. La monarchia dei primi re, di per sé, non una cattiva forma di governo, fu sostituita dalla Repubblica per l’odio attiratosi da Tarquinio; qui Cicerone commenta che la monarchia è incline a degenerare in tirannide e la libertà non consiste nell’avere un buon padrone, ma nel non averne affatto (II,23)”.
Ma questa libertas è propria ed esclusiva del cittadino oppure è una libertas che trae origine dalla natura umana come sosteneva già Giuliano Crifò nella sua tesi di laurea nel 1956 ove, per lo studioso, già nel mondo romano, l’individuo, e non soltanto il cittadino, è il punto di riferimento principale nell’elaborazione del diritto?
Se si guarda ad Ulpiano, si legge che “il diritto naturale fa liberi gli uomini dalla nascita, cum iure naturali omnes liberi nascerentur (D. 1.1.4) e l’insigne giurista riferisce che per diritto naturale, gli uomini sono tutti uguali: quod attinet ad ius civile, servi pro nullis habentur: non tamen et iure naturali, quia, quod ad ius naturale attinet, omnes homines aequales sunt (D. 50.17.32, Ulp. 43 ad Sab.). Già Marciano aveva espresso l’idea di una condizione originaria di libertà comune a tutta l’umanità, (D. 40.11.2 Marcian. 1 Inst.). Trifonino affermava che la libertà appartiene al ius naturale (libertas naturali iure continetur), mentre il dominium sugli schiavi è prodotto del ius gentium (dominatio ex gentium iure introducta est) (D. 12.6.64, Tryph. 7 disp.). Per Gaio (Gai. Inst. 1.1.) è nella naturalis ratio, che detta per tutti gli uomini valori e precetti fondamentali e condivisi, che andrebbe ricercata la base del ius gentium. Infine, Paolo afferma che ius naturale est quod semper aequum ac bonum est (D. 1.1.11, Paul. 14 ad Sab.).
Sembrerebbe, quindi, ricordando le parole di Wolfgang Waldstein, che è il diritto naturale stesso a «preservare e comprendere il bene dell’uomo».
Diritto naturale, quindi, come strettamente legato all’individuo-persona, alla base della libertà, difesa dagli antichi e dai moderni.
Forse, si potrebbe concludere che l’idea di libertà, pilastro della democrazia, è quindi nata insieme all’umanità, è parte del suo corredo genetico; la libertà è nella natura dell’individuo.
L’uomo nasce libero, quindi, ed è suo diritto l’appartenenza a uno Stato democratico.
L’idea di fondo per cui non debba potersi vivere sotto un potere tirannico, non debba potersi vivere sotto un potere arbitrario, ha nutrito tutta la nostra civiltà, idea corrispondente al pensiero degli antichi. Questa idea di libertà era quella dei pensatori del Medioevo, ed era quella dei nostri antenati che hanno fatto le rivoluzioni dell’età moderna.
La storia ci ha consegnato una lezione straordinaria, quella della difesa della libertà e noi, oggi, siamo responsabili della promozione e affermazione di nuove generazioni di uomini liberi e, solo in quanto tali, felici.