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Il Data Scientist è una delle professioni maggiormente richieste nel mercato del lavoro odierno, che sta conoscendo una crescente convergenza verso le nuove tecnologie, con un focus sulla gestione delle enormi quantità di dati generati dalle interazioni dei consumatori sul web.
Numeri che spiccano altisonanti e esplicano l’importanza di figure come il data scientist, cruciale nella gestione, selezione e interpretazione dei big data: si generano ogni giorno 2.5 quintilioni di byte e il 90% dei dati presenti ad oggi nei server è stato prodotto negli ultimi due anni (fonte: Forbes).
Vuoi scoprire chi è il data scientist, ti chiedi quanto guadagna un data scientist o semplicemente ti interessa conoscere quale percorso di laurea sia indicato per una carriera in questo settore così affascinante? Allora questo articolo risponderà a tutte le tue richieste!
Il data scientist, o big data scientist, è un esperto nell’analisi, estrazione, manipolazione e interpretazione dei big data. Tale professionalità è stata definita nell’edizione di ottobre 2012 dell’Harvard Business Review come il “lavoro più affascinante del 21esimo secolo”. Infatti, questo professionista è utile alle aziende per comprendere l’evoluzione del mercato e dei prodotti e per migliorare il rapporto con utenti e consumatori. Si tratta di una professione fondamentale nelle aziende altamente digitalizzate, ma può essere di supporto anche per le realtà che intendono iniziare il processo di digital transformation o che semplicemente vogliono approfondire l’aspetto del trattamento dei dati personali.
All’atto pratico il data scientist si occupa a trecentosessanta gradi della gestione dei dati, ma soprattutto ha il compito di trovare, attraverso lo studio e la catalogazione dei dati, degli utili insight di business. Questo è possibile con una serie di operazioni analitiche e quantitative in cui è chiamato a destreggiarsi, fronteggiando l’ingente mole di informazioni che si sedimenta nei server. Ci sono tre tipologie di dati che il data scientist tratta:
Per quanto ognuno sviluppi le proprie conoscenze in maniera differente e sebbene sia un universo in continua espansione, è possibile stilare una piramide di mansioni fondamentali per capire cosa fa un data scientist. Ecco in cosa consiste l’operatività effettiva di un esperto dei dati:
In questa fase, effettua una pura raccolta e individuazione dei dati. Cerca di capire la fattibilità di prelievo dei dati e quali strumenti ha a disposizione per raccoglierli.
Il data scientist valuta quale framework, ossia quale strumento utilizzare tra i vari sistemi disponibili sul mercato, per estrarre, catalogare, trasformare e valutare i dati in suo possesso. Un esperto di dati deve saper distribuire ciò che estrae nei vari framework (come Apache Spark, Bigquery, Dataflow) e cogliere le opportunità di sviluppare i dati nel framework più opportuno.
Una volta estrapolati, i dati vanno compresi e ripuliti da eventuali inutili sovraccarichi, dunque rimaneggiati e schematizzati. In questo step deve dimostrare esperienza e conoscenza per comprendere l’effettivo valore dei dati disponibili.
Dopo aver elaborato le informazioni, l’esperto di dati sviluppa metriche come correlazione, comparazione, statistica ed elabora ipotesi analitiche da applicare successivamente in azioni di machine learning. Si tratta di un momento del processo delicato, in quanto entrano in gioco sia competenze matematiche che propriamente di business.
Il data scientist utilizza degli algoritmi già collaudati e conosciuti, come l’algoritmo random forest, per cercare di mantenere il livello di complessità sotto controllo e per testare le ipotesi sviluppate nella fase di analytics.
Si tratta dell’ultimo tassello del lavoro del data scientist: proporre azioni effettive all’Intelligenza Artificiale, sfruttando la lavorazione dei dati strutturati e non strutturati e le risposte ottenute dalle dinamiche di machine learning. Questa mansione è spesso svolta come supporto all’operato di un AI Engineer, lì dove presente in azienda.
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A questo punto, verrebbe da chiedersi la differenza tra data analyst e data scientist, dal momento che entrambi i ruoli presuppongono un profondo legame con l’analisi e lo studio dei big data.
Il data analyst analizza ed estrae i dati, cercando delle connessioni tra essi nella contemporaneità: scova dei trend, delle correlazioni nel flusso di informazioni che trascrive. Il data scientist, invece, sulla stregua dei dati studiati e catalogati, ipotizza futuri andamenti del business con modelli statistici, algoritmi e sistemi di machine learning e crea delle azioni in grado di apportare sviluppi effettivi per un business.
Una tale lista di operatività rimarca ancora di più l’importanza per questa professione di avere un background poliedrico, non focalizzato su una singola skill ma anzi su un pensiero critico flessibile, capace di cimentarsi con sfide sia puramente informatiche che legate allo sviluppo di business.
Il data scientist deve maturare una serie di competenze imprescindibili quali:
Il data scientist deve comprendere i linguaggi di programmazione come Python, SQL, Scala, Javascript e sapere come dare un’architettura e una modellazione ai dati. Deve inoltre conoscere i principi di funzionamento delle piattaforme di big data e di data warehouse.
Fondamentali sono anche le basi di analisi empirica, matematica e finanziaria per studiare il comportamento dei mercati. Un professionista del settore deve fronteggiare numeri, interazioni, flussi di dati da ordinare e catalogare: serve obiettivamente una predisposizione all’approccio matematico e scientifico.
La conoscenza dei prodotti e del mercato in cui essi si sviluppano serve per effettuare analisi quantitative più adeguate e a stabilire metriche, sistemi e algoritmi precisi. Nello spettro delle competenze del data scientist rientra la necessità di saper interpretare i dati, per proiettarli su potenziali sviluppi di business.
Non solo hard skills, ma anche soft skills: il data scientist ideale deve saper comunicare con il reparto IT, con gli ingegneri e con il comparto manageriale per creare una sinergia che permetta all’azienda di crescere grazie all’utilizzo funzionale dei big data.
Sebbene sia considerato uno dei lavori del futuro, non esiste uno specifico corso di laurea con indirizzo focalizzato sulla data science. Certamente per diventare data scientist è d’aiuto intraprendere una carriera universitaria in ambito scientifico, matematico o informatico, ma come si è potuto leggere nelle righe precedenti, le sue skills devono essere trasversali.
Cosa si studia per diventare data scientist? Noi consigliamo di partire dalle basi: in LUM, dopo la Laurea Triennale in Ingegneria Gestionale o la Laurea Triennale in Ingegneria Informatica, puoi scegliere di specializzarti con la Laurea Magistrale in Innovation Management e Digital Transformation, ramo Economia. Qui potrai approfondire i processi di digitalizzazione e le nuove tecnologie e, durante il primo anno, affronterai un esame specifico sulla data science.
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L’economia globale legata ai big data, stando a una ricerca condotta da Statista intitolata “worldwide big data business analytics revenue”, è destinata a generare un market revenue di 103 miliardi di dollari entro il 2027: solamente in Italia, il mercato dei big data e della business analytics genera ben 2,3 miliardi di euro!
Va da sé che in un circuito così virtuoso, anche lo stipendio del data scientist sia adeguato alle competenze e alla complessità di tale professione. In Italia lo stipendio medio di un data scientist gravita intorno ai 35mila/40mila euro annui, ma con la crescita e l’accumularsi di esperienza la RAL accresce fino ai 60mila euro annuali.
Considerando gli alti volumi dei mercati esteri, gli Stati Uniti d’America sono la Nazione in cui il data scientist guadagna di più: qui una figura senior può guadagnare oltre 100mila dollari l’anno, ma chiaramente bisogna sempre considerare in che tipo di azienda si è assunti.
Il mestiere del data scientist è complesso, ma indubbiamente affascinante: portare valore alla propria azienda attraverso l’analisi dei big data è una sfida stimolante e richiede una formazione culturale e teorica a trecentosessanta gradi, sotto il profilo scientifico ma anche umano e comunicativo.
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